sabato 30 giugno 2007

"Cambia pensiero e il mondo intorno a te cambia"

Giusto per restare in tema d'esami di Teatro (i miei saranno domani!) voglio postare il monologo di un mio "collega" che ho trovato davvero bello...il mio è dello stesso autore (Richard Bach), ma -per scaramanzia- non voglio pubblicarlo prima di averlo recitato....

Eravamo due barche incontratesi in mezzo al mare, l'una aveva cambiato rotta per navigare un po' nella direzione dell'altra, su un mare deserto.
Barche differenti in un viaggio per differenti porti.
Più illuminati si diventa, meno probabilità ci sono di trovare qualcuno alla nostra altezza, da qualsiasi parte.
Più si impara, più ci si deve rassegnare a vivere soli.
Non importa se si perde la partita, ma come la si perde e in che modo mutiamo noi a causa di questa sconfitta...e poi conta quello che ne ricaviamo, qualcosa che prima non avevamo e che potremo applicare ad altre partite.
Perdere è, in questo caso, vincere.
Finché non farai spazio nella tua vita per qualcuno altrettanto importante quanto te stesso sarai sempre solo solo.
La noia tra due persone non proviene dallo stare insieme fisicamente, ma deriva dallo stare divisi, separati mentalmente e spiritualmente.
Il vero scopo di ogni essere vivente è quello di conoscere e di propagare l'amore.
Non voltare le spalle a futuri possibili prima di essere certo che non hai niente da imparare.
E' possibile che due persone cambino insieme, crescano insieme e si arricchiscano anziché impoverirsi a vicenda. La somma di 1 + 1 può essere l'infinità, ma spesso una persona trascina l'altra verso il basso: una persona vuole elevarsi come un pallone e l'altra è un peso morto. E se entrambe volessero salir su come palloni tutt'e due?

domenica 10 giugno 2007

"Deliri di concretezza"

Che giornata deprimente! Costretta a svegliarmi dopo solo 5 ore di sonno (ieri c'è stata la festa della mia cuginetta...auguri ancora piccola!) per rientrare di corsa a Catania nella speranza, o meglio nell'illusione, di recuperare la parte di programma che mi mancava per l'esame di domani, mi ritrovo inutilmente sola e annoiatissima a casa e, ovviamente, l'esito di questa "reclusione forzata" è stato catastrofico.
Non mi era mai successo di ridurmi così tanto con l'acqua alla gola prima di un esame, ma meglio farci l'abitudine: credo proprio che questa sessione non sarà affatto semplice...
Il lato positivo è che, studiando, mi sono imbattuta in qualcosa che vale la pena di riportare, soprattutto dopo che in questi giorni si è tanto discusso sulla presunta obiettività (o soggettività?) delle cose:

C'è una formula divulgata da famosi autori naturalisti e veristi, i quali dicevano che un romanzo deve consistere nella rappresentazione di una fetta di vita, oggettivamente osservata ed impersonalmente descritta...
Strana questa idea che sia possibile vedere le cose in maniera impersonale...

Essa nasce dalla convinzione che la visione diretta sia la chiave per capire qualsiasi cosa: come se bastasse afferrare con gli occhi ciò che abbiamo davanti, per averne una comprensione immediata; è come se tutto quanto è visibile, tangibile, concreto, soltanto in virtù della sua concretezza fosse una garanzia di qualcosa... Retaggio questo del fanatismo scientifico che fa del
delirio di concretezza un'arma infallibile...
Ma non sarebbe meglio ritrovare una capacità di visione interna: quella visione intima, che partendo dall'inconscio, crea le condizioni in cui nasce e cresce la nostra familiarità con le cose del mondo esterno?


Per quel che mi riguarda mi trovo in bilico tra le due tesi: da un lato ho sempre portato avanti la teoria del "se non vedo non credo", ma è anche vero che non sempre analizzare le cose nella maniera più obiettiva e razionale possibile aiuta a spiegare dei moti inconsci che sfuggono ad ogni possibilità di controllo...ma qui si torna nel campo già discusso dell'irrazionalità nei rapporti umani...

In fondo, forse, proprio quello che mi manca è, come dice "qualcuno":
la capacità di andare oltre e rischiare anche quando non c'è più cielo da vedere o terra su cui camminare.

giovedì 7 giugno 2007

Balletto

Nella frenesia di questi ultimi giorni ho dimenticato di postare una delle cose più belle che ho visto quest'anno!
"La bella addormentata" di Caicovskij, balletto portato in scena la settimana scorsa, al teatro Bellini, dal corpo di ballo del Cremlino...
Come essere imparziali nel giudicarlo senza farsi condizionare dai trascorsi personali di ballerina di danza classica mancata?
Probabilmente farlo è
impossibile visto, tra l'altro, che sono rimasta in una sorta di adorazione per tutta la durata dello spettacolo...(l'unica pecca è stata l'assenza dell'orchestra...)quindi mi limito a pubblicare una foto, già indicativa, ma pur sempre marginale rispetto alle meraviglie che quelle "folli" hanno fatto sulle punte, così da lasciare alla fervida immaginazione di chi legge un'idea di come possa essere stato il resto dello spettacolo...

Mal comune mezzo gaudio!!!

Oggi leggendo un giornale (uno dei tanti di psicologia che mi piace sempre comprare) ho trovato un articolo "illuminante" che ho voluto in parte pubblicare in questo post...
La cosa buffa è che a scriverlo sia stato un matematico, abbastanza famoso, che, partendo dall'applicazione della "teoria dei giochi" ai rapporti di coppia e non trovando una soluzione razionale soddisfacente al quesito posto (i comportamenti che venivano fuori dalle varie ipotesi risultavano asimmetrici ed irrazionali), afferma che:
spesso la vita è troppo complicata per essere affrontata razionalmente e quindi se questa stessa è dimostrabilmente ingestibile, perché preoccuparci se ogni tanto ci comportiamo in modo irrazionale?
Non che una simile consapevolezza fosse una novità (o una giustificazione), ma a volte è piacevole sentire che non si è gli unici a non saper gestire le cose!!!